venerdì 18 novembre 2016

L'Arabia Saudita soffre le conseguenze della sua erratica politica estera dove le fa più male: nell'export del greggio!

Questo articolo a momenti verrà pubblicato anche sul quotidiano online L'Opinione Pubblica, col quale mi pregio di collaborare e dove i miei scritti sono tutti consultabili a questa pagina web.

L'Arabia Saudita pensava, dall'alto del suo status di primo esportatore mondiale di petrolio greggio, di poterne deprimere il prezzo a volontà per ridurre all'obbedienza i suoi rivali regionali (Iran) e internazionali (Federazione Russa), rovinando nel contempo l'industria americana del petrolio di scisto (fracking), attingendo per qualunque calo nei propri ricavi alle sue enormi riserve di capitale, per poi far rialzare gradualmente le tariffe una volta ottenuti i suoi obiettivi politici, ma non tanto rapidamente da vanificare la minaccia di un improvviso ulteriore ribasso.

Questo piano é riuscito per quanto riguarda l'obiettivo "americano" (le compagnie impegnate nel 'fracking' vendono petrolio a 80-100 dollari al barile a clienti che l'avevano ordinato -col sistema dei futures- quando esso costava 120-150 dollari, e il loro avvenire coi prezzi del greggio 'normale" che si aggirano tra 45 e 55 $ per barile appare come nerissimo).

Ma per quanto riguarda Iran e Russia esso è clamorosamente e spettacolarmente fallito.

Dotati di economie ben più diversificate della "monocoltura petrolifera" saudita, e temprati nel passato più o meno recente da avversità economiche ben più problematiche, Russi e Iraniani hanno sopportato bene l'urto dei bassi prezzi petroliferi e non hanno per nulla abbandonato i loro obiettivi politici e strategici, anzi, li hanno riconfermati avvicinandosi ulteriormente gli uni agli altri.

L'impatto della fortissima flessione nei ricavi di Riyadh invece è stato ben peggiore delle previsioni e per la prima volta nella sua storia, il regno assoluto di Casa Saoud ha dovuto ricorrere al mercato del debito emettendo titoli di Stato; con le spese per la disastrosa guerra contro lo Yemen questa situazione ha prodotto comunque un taglio nelle agevolazioni, nei prezzi calmierati e nella spesa pubblica, per la quale dipendono per la propria stessa sopravvivenza milioni di "regnicoli" sauditi.

Infatti a differenza della percezione occidentale sul suddito medio di Re Saoud, al di fuori di una ristrettissima cerchia di principi, nobili, consiglieri e maggiordomi di palazzo che nuotano letteralmente in ricchezze faraoniche il cittadino saudita medio è un povero diavolo senza arte né parte che fa sopravvivere la sua spesso numerosissima famiglia con un impiego pubblico (spesso una sinecura) ottenuta grazie a favori e clientelismi ottenuti presso il gradino inferiore della burocrazia statale, e il cui stipendio bastava a far sbarcare il lunario solo grazie ai forti sussidi ai beni essenziali, ai servizi di base, che li rendevano particolarmente economici.

Lo strattone ai legacci della spesa pubblica ha avuto forti ripercussioni nello stile di vita della cittadinanza media e se questa tendenza dovesse perdurare in futuro non si potrebbero escludere tumulti e manifestazioni di insofferenza a livelli mai riscontrati nel regno.

Inoltre, anche le esportazioni di petrolio verso paesi terzi risentono, molto negativamente, dell'immagine pubblica ormai consolidata di Riyadh come del maggior finanziatore e promotore dell'integralismo islamico di matrice takfira e wahabita, già diffusa ai tempi della Guerra in Afghanistan e del sostegno saudita alle scuole coraniche estremiste che lungo il confine settentrionale del Pachistan generarono il fenomeno talebano e "Al-Qaeda", ma divenuto ormai un fatto pubblico con gli eventi della Guerra alla Siria e i numerosissimi sequestri di armi, fondi e droga veicolati verso le bande takfire di Al Nusra ed altre sigle da personaggi legati ai servizi sauditi o addirittura membri della famiglia reale.

Sempre più paesi vedono il commercio con Riyadh come una porta aperta all'estremismo wahabita e specie quei grandi paesi che hanno minoranze musulmane al loro interno sono più che preoccupati della possibilità di una loro radicalizzazione terrorista una volta che queste venissero esposte alla nefasta influenza di imam e predicatori sauditi (esattamente come il Pachistan, che fino agli anni '70 praticava una forma molto blanda di Islam, permeato di sufismo e di apporti buddisti e induisti, e che in trent'anni è diventato un bastione di odio assassino non solo verso gli "infedeli", ma anche verso gli Sciiti e altre minoranze musulmane).

Lo dimostra recentemente anche l'India, che negli ultimi mesi ha iniziato a diminuire sempre di più l'acquisto di greggio saudita (finora sua primaria fonte di approvvigionamento energetico), fino a far diventare nello scorso mese di ottobre la Repubblica dell'Iran suo fornitore principale, per la prima volta nella Storia.

In India, ricordiamo, vivono oltre cinquanta milioni di musulmani, quasi tutti sunniti.

A volte è poi la stessa erratica politica estera di Casa Saoud a mettere un bastone tra le ruote della sua macchina esportatrice: quando alcune settimane fa l'Egitto del Presidente Al-Sisi si schierò all'ONU contro la risoluzione saudita sulla Siria, votando invece a favore di quella russa Riyadh per ripicca interruppe "fino a nuovo ordine" le forniture di greggio al Cairo, che dipendeva del tutto da quel petrolio per fornire luce, elettricità e, a seconda della stagione, calore o refrigerio ai suoi ottanta milioni di cittadini.

Per tutta risposta l'Egitto ha siglato un accordo con l'Emirato del Kuwait per l'importazione di 2 milioni di barili di petrolio e di 1.200.000 tonnellate di prodotti petroliferi vari secondo "un contratto di lunghissima durata" i cui termini temporali non sono ancora stati definiti.

6 commenti:

  1. Intanto quei simpatici contadinacci degli Yemeniti stanno suonando come tamburi i petro-beduini e ne hanno addirittura occupato una parte di territorio che credo che si guarderanno bene dal restituire alla fine delle ostilità.
    Ivan Demarco Orlov

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  2. Un'altra voce da aggiungere al colossale deficit della disastrosa situazione economica wahabita è quella enorme spesa corrente per corrompere i politici di mezzo mondo, come noi italiani sappiamo bene.

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  3. Syrian War Report – November 18, 2016: Govt Forces Storming Eastern Aleppo

    On November 17, Russian strategic Tu-95MS strategic bombers carried out cruise missile strikes on ISIS and al-Nusra targets in Syria from the Mediterranean. The missiles hit terrorist command posts, weapons, ammunition depots and various military equipment in the provinces of Homs and Idlib. The air grouping deployed at Khmeimim Air Base and Su-33 fighter jets from Admiral Kuznetsov heavy aircraft-carrying missile cruiser also struck terrorists.

    On November 18, government forces stormed Jaish al-Fatah’s defenses in the Sheih Sa’eed Neighborhood of Aleppo city. Intense clashes have been ongoing there.


    gli ORSI hanno colpito ancora!!!!

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  4. Secondo me i Russi stanno provando di tutto e di più!
    Gli ORSI (modernizzati) hanno fatto una stranissima rotta nord atlantica di 11.000 kilometri e sono penetrati nel mediterraneo dallo stretto di Gibilterra, mentre avrebbero potuto più agevolmente passare dal Caspio e dall'Iran come già hanno fatto.
    In questo modo tutta l'Europa risulta potenzialmente sotto tiro ed i missili usati sono di nuova concezione con portata non esattamente nota comunque superiore a 2.500 kilometri, qualcuno sentirà già bruciori al sedere.
    Ivan

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  5. Nuke the saudis, free the world from terrorism

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