giovedì 27 novembre 2014

Bill Cosby, il “discorso della torta” e i fatti di Ferguson

Nella sua collaborazione con la testata "Stato e Potenza" il vostro umilissimo Caporedattore si é voluto cimentare con un pezzo di cultura e costume slegato dalle sue 'preferite' tematiche mediorientali; ora coglie l'occasione di riprodurlo anche su questo blog per permettere ai suoi lettori abituali di leggerlo e significargli gli apprezzamenti del caso.
Bill Cosby, coscritto nella 'Navy' (A sx), comico di successo (centro) e superstar televisiva (A dx).
[…] ai miei tempi era impossibile (marinare la scuola), perché nel quartiere dove vivevo ogni finestra socchiusa era un occhio e nel tempo che tua madre avrebbe impiegato a tornare da lavoro, scendere dall’autobus ed entrare in casa avrebbe saputo esattamente DOVE eri stato, CON CHI eri stato, QUANDO c’eri stato e COSA avevi fatto, i genitori dei ragazzi neri di oggi non lo sanno. Parlo di gente che piange e si dispera quando vede il figlio con la divisa del galeotto, ma dov’erano quando aveva due anni? Dov’erano quando ne aveva dodici? E dov’erano quando ne aveva diciotto e loro non sapevano che si era procurato una pistola?”    
(Bill Cosby, 2004 “Discorso della Torta“)

Bill Cosby é un attore, comico e intrattenitore americano che in Italia abbiamo presente per la Sit-Com “I Robinson” la quale, nella seconda metà degli anni ’80, andava in onda in prima serata al giovedì su Canale 5. Già quella collocazione ‘privilegiata’ era indizio che il telefilm sulla famiglia di colore (ribattezzata ‘Robinson’ in adattamento rispetto all’ostico “Huckstable” della versione originale) non era un’ altra sitcom’, ma qualcosa di speciale. Infatti le tv del Cavalier Berlusconi negli anni rampanti della loro affermazione a livello nazionale usavano telefilm e sitcom Made in Usa come ‘riempitivi’ delle ore più morte del palinsesto (mattina, ora di pranzo, fascia preserale, pomeriggi dei giorni di festa) riservando a quiz, programmi di cabaret e film americani ‘blockbuster’ le ore ‘calde’ della prima serata. Alla serie di Cosby, invece, era riservato l’orario di punta del giorno centrale della settimana. Questo perché il ‘Cosby Show’/’I Robinson’ era uno dei telefilm più guardati d’America e lo rimase per quasi tutti gli otto anni della sua messa in onda, in contrasto con altri show pure leggendari stile ‘Happy Days’ che a prime stagioni “stellari” fece seguire ultimi anni mesti e tristi con gli sceneggiatori nel panico per trovare nuove avventure da far vivere a personaggi che ormai avevano dato tutto.

Il ‘Cosby Show’ non aveva questi problemi, in parte grazie alla verve comica del protagonista assoluto, in parte grazie al talento e alla perizia degli scrittori dei vari episodi e, soprattutto, perché raccontava una storia che in quel particolare periodo storico TUTTA l’America a Stelle e Strisce voleva sentirsi raccontare: quella delle famiglie nere ricche e affermate. I ‘Robinson’ di Canale 5 infatti non erano una famiglia di colore della città interna, con problemi di affitto e che dovevano far asciugare la biancheria in salotto, erano dei veri e propri “Buppies” (Black Urban-Upward Professionals), lui ostetrico e ginecologo di successo, lei bellissima e rampante avvocatessa, con tre figli (femmina-maschio-femmina) educati e responsabili (ovviamente le femmine più del maschio, usato di tanto in tanto per le puntate ‘problematiche’ che parlavano di droga e piccola criminalità, mentre le sorelle erano inappuntabili, tanto che la puntata sulle gravidanze precoci venne ‘risolta’ accollando il fardello a un’amica della primogenita) ma comunque anni-luce sopra la condizione sociale media degli afroamericani (o degli americani negri, scegliete il termine che più si adatta al vostro livello di ipocrisia -NdA-).

Bill Cosby, che nella serie di spionaggio/avventura degli anni ’60 “I Spy” era stato il primo americano negro a ricoprire un ruolo di protagonista, con addirittura un ‘sidekick’ bianco (interpretato da Robert Culp) aveva ideato il concetto dei ‘Robinson’ come metafora (forse inconscia) della sua stessa parabola: lui, figlio di un veterano della Marina e di una cameriera, aveva dovuto sgobbare e parecchio, a scuola e al college, nelle aule e sui campi sportivi per riuscire a emergere, servendo poi a sua volta in Marina fino a vincere una borsa di studio grazie alle doti come difensore ‘fullback’ nel Football Americano e riuscire a frequentare la Temple University. Anche se completò solo i corsi da ‘undergraduate’, senza arrivare alla laurea, fu grazie a quel ‘cursus’, Cosby sentiva, che era riuscito a introiettare la dedizione, la serietà, lo zelo che gli resero possibile far fruttare i propri talenti drammatici e comici, fino a permettergli di diventare uno degli attori più pagati del piccolo schermo e, attraverso le storie della fittizia famiglia di Brookyln egli diffondeva quel messaggio: “Lavorate duro, siate disciplinati e otterrete il successo”.

Il messaggio risuonava presso larghissime fasce di pubblico, sia di ‘Destra’ (cioé Repubblicano) che apprezzava la lode al duro lavoro e all’iniziativa individuale e sia di ‘Sinistra’ (cioé Democratico) che si beava della ‘correttezza’ dello show, dei suoi riferimenti alla musica Jazz, degli assurdi maglioni pacchiani con motivi pseudo-africani che facevano tanto ‘etnico’ e ‘kwanzaa’. Dopo il termine della sit-com e con l’avanzare dell’età Cosby iniziò ad alternare l’attività comica e recitativa con quella di valedittore e conferenziere (un circuito che negli Usa può fruttare milioni, se uno ha un nome famoso da sfruttare, come dimostrano dozzine di ex-Presidenti Usa e Harpo Marx). Fu durante questa fase della sua carriera che egli pronunciò il famoso (o famigerato) ‘Discorso della Torta’.

Circa dieci anni fa, di fronte alla platea della fondazione NAACP (Associazione Nazionale per il Progresso delle Persone di Colore) egli denunciò in maniera ironica senza mezzi termini la degenerazione della società e della cultura dei neri americani che da comunità depressa ma dotata di forti circuiti di solidarietà familiare, clanica o territoriale si era fatta corrompere da una cultura materialistica, superficiale, consumistica, sterile e distruttiva, specialmente propagandata da film e musica “da ghetto” e “da gangsta/thug”, col risultato che persino quei giovani di colore che vogliono essere studiosi, efficienti e disciplinati nelle loro vite ricevono una ‘pressione sociale negativa’ venendo accusati dai loro coetanei di “fare i bianchi” e “volersi mettere in mostra coi bianchi” e che per essere ‘popolari’ (un aspetto fondamentale degli Usa individualisti e consumisti, dove il fenomeno del bullismo alle scuole intermedie e superiori é qualcosa che noi Europei non possiamo nemmeno immaginare) sono spinti a comportarsi da cialtroni e da ‘guappi’, (nel ghetto un ‘negraccio’ é popolare se taccheggia, se sfotte e aggredisce i poliziotti, se finisce in galera prima dei diciott’anni…e così via).

Addirittura i teenager neri in America usano un parlata ‘slang’ estremamente semplice e grammaticamente degenerata (chiamata ‘Ebonics’ nel ghetto, ma definita “Inglese Vernacolare Afro-Americano” dai parrucconi ‘liberal’ studiosi di ‘scienze sociali’ delle università californiane e newyorkesi) di fronte a cui i vari “I’m gonna” e “I wanna” delle canzonette rock sono esempi fulgidi di Inglese Elisabettiano e che letteralmente NON E’ COMPRENSIBILE a persone dotate di una media cultura che non frequentino ‘il ghetto’, in questo modo il ghetto si isola e si autoreplica nelle menti e nelle lingue delle sue vittime prima che altrove.

[…] (la maggior parte dei giovani neri) incarcerati non sono ‘perseguitati’ o ‘prigionieri politici’, é gente che é andata in giro a rubare…Coca-Cola, gente che viene uccisa da poliziotti per aver rubato una torta della nonna, allora tutti si mobilitano, gridano: ‘La polizia non avrebbe dovuto sparargli’, ma ci chiediamo “lui”, avrebbe dovuto rubare? Da piccolo volevo quella torta come chiunque altro, la guardavo nel negozio, non avevo soldi e qualcosa chiamato ‘Educazione’, che avevo ricevuto dai miei genitori mi diceva: “Ruba quella torta e metterai nella vergogna tua madre”, non “Non rubare perché finirai in galera”, no, “Metterai nella vergogna tua madre, tuo padre, la tua famiglia!”.

Nella sua intemerata Cosby arrivò persino a lodare la dedizione paramilitare delle Pantere Nere e dei Musulmani Neri, lamentandosi che il loro zelo fosse stato poi minato e distrutto (per caso, mi chiedo io? -NdA-) dalla diffusione dell’eroina prima e dei cristalli di crack poi nei quartieri interni delle grandi metropoli e nei ‘progetti’ di edilizia popolare occupati quasi esclusivamente da famiglie di colore. Le sue parole lasciarono una scia infuocata di polemiche nei media americani, tra chi le osannava (spesso commentatori conservatori, per principio ostili alle ‘azioni affermative’ alle ‘quote per le minoranze’ e a qualunque programma di solidarietà governativa verso le classi disagiate) e chi le contestava accusando Cosby di “dire ai razzisti le stesse cose che dicono loro, scusandoli implicitamente per i loro pregiudizi”.

In seguito, negli anni successivi, Cosby venne accusato da una dozzina di diverse donne (modelle part-time, attricette, varie “Ex-Miss-Qualcosa”, persino una ex-moglie dell’attore di Serie B Lou Ferrigno), di averle molestate dopo averle drogate con diazepam o altre ‘droghe da stupro’. Cosby fece l’errore di accordarsi extragiudizialmente con la prima di queste accusatrici, nonostante che al momento della denuncia la donna fosse stata informata dall’Ufficio del Procuratore che la sua denuncia quasi sicuramente non avrebbe prodotto una condanna per “la totale assenza di elementi probanti credibili e dimostrabili”. Per evitare di dovere anche solo apparire a udienze preliminari, Cosby accordò un pagamento in denaro alla denunziante, tale Andrea Constand, per farle ritirare l’addebito. Naturalmente, l’avvenuto pagamento provocò la successiva valanga di accuse, tutte senza lo straccio di una prova e nessuna approdata in aula dopo che i legali di Cosby gli suggerirono di non dare seguito a nessuna successiva richiesta.

Ma quello che fa specie fu la reazione isterica, puritana, velenosa, livida e astiosa dei media liberal-chic, che a discapito della totale assenza di prove si scatenarono nel linciaggio morale di Cosby, regolarmente descritto sulle pagine di New Yorker, Cosmopolitan e altri veicoli della stampa ‘bene’ filodemocratica e progressista come ‘pervertito’, ‘stupratore’ (nel paese del ‘Justice for All’, notare!) e in una serie di acrobazie logico-dialettiche da fare impallidire i sofismi di Protagora messo anche alla gogna per le sue vedute ‘razziste’ sui giovani di colore e la loro cultura vapida e degenerata. Ma in quale mondo distorto dai crismi del perbenismo progressista un crimine di questo genere (ANCHE QUANDO fosse provato -e non lo é-) svaluterebbe o renderebbe vuote e nulle le parole di Cosby nel ‘Discorso della Torta’?
Un esempio di satira "Liberal", antropologicamente superiore e 'politicamente corretta'
Se io sono un predicatore conservatore che lancia strali contro gli omosessuali e poi vengo trovato nei bagni di una stazione dei pullman con una prostituta maschio (cosa già successa negli Usa), si può capire che il mio comportamento strida col mio messaggio politico/morale e lo squalifichi, ma anche se Cosby si rivelasse un molestatore di donne, responsabile di abusi vili e ingiustificabili, questo lederebbe sì la sua reputazione di uomo e la sua integrità personale ma NON SVALUTEREBBE il suo messaggio riferito al NAACP, cioé che i giovani di colore, se vogliono emergere nella società americana, devono riscoprire i valori di disciplina, zelo, studio e lavoro. Le due cose sono totalmente separate sul piano logico e concettuale, anche se magari una persona può non volere sentirsi fare la morale da un molestatore seriale (cosa di cui comunque non esiste uno straccio di prova e per la quale il Rasoio di Occam suggerisce trattarsi piuttosto di episodi seriali di sciacallaggio da parte di persone senza scrupoli ansiose di scucire un risarcimento extragiudiziale come quello accordato alla Constand).

Intanto, in quel ‘bastione di democrazia e libertà’ che sono gli Usa, una cittadina é stata messa a ferro e fuoco dopo che un pannello di giurati ha deciso di non premere accuse penali nei confronti di un poliziotto che ha freddato con sei colpi di pistola un adolescente negro che si é opposto con violenza all’arresto dopo aver cercato di taccheggiare un piccolo numero di sigari da un ‘drugstore’. Posto che la polizia ovviamente non ha alcun diritto di usare forza letale contro sospetti di infrazioni minori perdipiù disarmati. l’adolescente in questione sarebbe finito cadavere se non fosse cresciuto in un ambiente che gli ha insegnato che taccheggiare merce nei negozi é “cool” e che resistere con insulti e spinte allo sbirro bianco ti fa guadagnare “street cred”? O forse non starebbe meglio, quell’adolescente negro, se avesse vissuto la sua giovinezza dedicandosi allo studio, allo sport, alle attività extracurriculari, che hanno consentito a Bill Cosby di diventare un personaggio nazionale e a molti altri neri americani di diventare se non avvocati, medici, ricercatori quantomeno lavoratori onesti e cittadini responsabili?
La "Cultura da Thug" in azione nel corso delle proteste per l'uccisione del teenager negro di Ferguson.
Che senso ha per i giovani neri di Ferguson protestare per la morte del loro coetaneo se poi le proteste diventano orge di violenza e saccheggio? Questo non ve lo so dire io ma scommetto che la risposta non la possono dare nemmeno i ‘columnist’ radical-chic delle riviste e delle testate ‘Dem’, non la sanno dare i registi ‘di sinistra’ come Spike Lee, che ha costruito la sua scalata al successo sulle ‘storie del ghetto’, non la sanno dare i politici del ‘Yes we Can’ obamiano; forse la sapeva dare un comico televisivo, ma siccome era una risposta scomoda e ‘scorretta’ é stata sepolta sotto litri di fiele puritano e di damnatio memoriae preventiva.

3 commenti:

  1. SAYYED KAHANI MA LEI E' UNA PENNA NOBILE DEL GIORNALISMO!
    QUESTO ARTICOLO E' PIU' BELLO E' PIU' VERO DI QUELLI CHE SI LEGGONO SUL CORRIERE E SUL GIORNALE!!!!

    "...la degenerazione della società e della cultura dei neri americani che da comunità depressa ma dotata di forti circuiti di solidarietà familiare, clanica o territoriale si era fatta corrompere da una cultura materialistica, superficiale, consumistica, sterile e distruttiva, specialmente propagandata da film e musica “da ghetto” e “da gangsta/thug”..."

    E' tutto verissimo e per vedere quanto basta guardare questo video di yutube di un film proprio del regista Lee dove l' "eroe" negro 'punisce' i bianchi cattivi di pizzeria sfasciando negozio e facendo saccheggiare da altri negri poveri e violenti e questo regista ha fatto successo e soldi con schifezze come questa, mentre poveri negri violenti rimane in ghetto e finisce ammazzati da police

    http://youtu.be/4G7TTDEHl5o

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  2. ottima analisi kahani, la cultura americana è decadente in tutti i livelli anche nelle minoranze etniche. Putroppo questa roba l'abbiamo importata pure in Europa, e lo sfibramento sociale made in usa lo stiamo vivendo pure qui. Basta girare per le strade di qualunque città europea e accorgersi che la cultura nera del ghetto è anche tra noi

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  3. "Partendo dalla storia dell'attore Bill Cosby e dai recentissimi fatti di Ferguson, una lucida disanima della società americana, che inghiotte nel nichilismo anche i suoi disperati" (Dalla pagina FB di Socialismo Patriottico)

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